Un segreto a portata di dita, troppo spesso poco considerato…
Siamo ossessionati dalle chitarre, alla ricerca del modello giusto, del suono perfetto. Si passa poi agli amplificatori e ci si perde definitivamente tra migliaia di pedalini. Cerchiamo quel suono che forse c’è, da qualche parte, nella nostra testa, nei dischi delle nostre band preferite e più probabilmente nelle mani dei grandi chitarristi piuttosto che negli strumenti. Tanto ci si preoccupa di tutti gli aspetti del suono (chitarra, amplificatore, effetti), peraltro sacrosanti, da dimenticarsi della cosa più semplice: il plettro!
Ibanez “Paul Gilbert”
Jim Dunlop “Jazz III”
Se non siamo chitarristi classici, suonatori di flamenco e non ci chiamiamo Mark Knopfler, ci imbattiamo per forza nell’uso di questo magico oggetto o forse sarebbe meglio dire strumento. Chi inizia a suonare da bambino se ne innamora, forse per i colori o per la forma accattivante. Lo si può vedere come un piccolo gioco, spesso un premio ricevuto dal proprio insegnante da custodire come ricordo e da collezionare, ma il plettro racchiude in sé una verità ancora più grande: genera un suono! Così, crescendo, bisognerebbe iniziare a considerare seriamente quest’aspetto per essere più consapevoli nella scelta e per capire come i diversi tipi di plettri possono influenzare il nostro sound.
Big Stubby
Dunlop “Teardrop”
La prima grande distinzione da fare riguarda lo spessore. Principalmente ne esistono di 3 tipi: Thin, Medium e Heavy. I cosiddetti “Thin”, sottili e mollicci, sono ideali per gli accompagnamenti con l’acustica, mantengono un attacco costante sulle corde e indipendentemente dalla forza che noi imprimiamo sullo strumento, garantiscono una dinamica costante. I plettri “Medium” generano il giusto attacco sulla corda per suonare accompagnamenti col delay e si possono anche usare con scalature di corde abbastanza sottili, per tutto il resto..c’è mastercard! No, scherzo, ci sono gli “Heavy” o gli “Extra Heavy”, ideali per trasmettere tutta la dinamica, il tocco e l’intenzione che noi siamo in grado di pensare e suonare.
Fender
Wegenpick
Oltre lo spessore, un aspetto importantissimo di cui tenere conto è il materiale. Non mi sono mai preoccupato più di tanto di quest’aspetto quando ero teenager, pensavo soltanto ad andare veloce e ad essere comodo, senza compromessi; tutto questo naturalmente a discapito del suono. Usavo dunque plettri molto piccoli e appuntiti, ideali per questo scopo, come ad esempio i “Paul Gilbert” Ibanez e i “Jazz III” Jim Dunlop. Sono poi passato al famoso “Big Stubby” usato anche da Y.J.Malmsteen, comodissimo e velocissimo proprio per la sua punta pronunciata e smussata e per la grossa forma ergonomica. La plastica usata nei “Paul Gilbert” e nei “Jazz III”, pur non avendo a mio gusto un suono fantastico, produceva un attacco abbastanza neutro, simile ai modelli in cellulosa, i classici plettri Fender tartarugati per intenderci, mentre il “Big Stubby” risultava particolarmente e fastidiosamente squillante a causa della sua plastica dura e vetrosa. Qualche anno fa, un chitarrista che stimo particolarmente mi ha fatto scoprire i cosiddetti “Teardrop” o plettri dalla forma a goccia, usati anche da David Gilmour. La versione che da allora uso e non ho mai abbandonato è quella della Jim Dunlop con la stampa della tartarugha, una plastica porosa con una consistenza quasi simile alla gomma dura che garantisce un suono scuro e corposo, buon grip e fluidità nel fraseggio. Sempre parlando di fluidità, ideale per le ritmiche sweep è il Fender a triangolo equilatero usato da Frank Gambale. Brian May e Billy Gibbons, noncuranti di tutto, continuano ad usare rispettivamente un six-pence britannico e un peso messicano. Il Jipsy jazz, ultimamente e fortunatamente molto in voga, ha il suo suono caratteristico grazie ai mastodontici “Wegenpicks” che picchiando sulle chitarre in stile Maccaferri arrivano fino a spessori di 3 mm.
Thumbpick
Stylus pick
Insomma, girando nei negozi di strumenti ci si può davvero sbizzarrire: legno, pietra, acciaio, fibra di carbonio..e poi ci sono i plettri prettamente tecnici come lo “Stylus pick” da me sempre odiato e ignorato. Questo aggeggio infernale serve ad educare la mano destra nella nobile arte della plettrata alternata, consta in una piccola punta di forma conica oltre la quale, se si fa penetrare il plettro troppo in profondità nelle corde ci si inceppa. Alcuni dicono che serva, altri riportano ottimi risultati, io non metto in dubbio, ad ogni modo continua a riocordarmi certi metodi coercitivi per l’addestramento dei cani piuttosto che l’amore per la musica!
Concludo citando i Thumbpicks, plettri da pollice usati nel fingerstyle, nella tecnica della chitarra slide e da molti suonatori di banjo. Anche se non rientri in nessuna di queste categorie, consiglio di provarli, è estremamente divertente! Sentirai, suonando un semplice arpeggio, bassi forti e definiti e probabilmente anche il più convinto dei rocchettari inizierà a subire il fascino delle tecniche acustiche.
Se vuoi saperne di più sui diversi aspetti che influiscono sul tuo suono clicca su questo link, se ti è piaciuto l’articolo condividilo oppure lascia un commento!
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